Leasing: trasparenza "monca"?

Nell’affrontare la questione degli obblighi di trasparenza relativamente ai contratti di leasing finanziario si prende qui spunto da due pronunciamenti: Appello di Torino, 16 aprile 2018[1] e A.B.F., Collegio di Bologna, decisione n. 9687 del 03 maggio 2018.

Entrambe sono esempio di una tendenza, invero maggioritaria, tesa a negare l’obbligo di indicazione in contratto e nel documento di sintesi dell’I.S.C./T.A.E.G.[2].

Merita qui, preliminarmente, riportare alla memoria un concetto di matematica finanziaria indispensabile ad una corretta e piena comprensione della questione, ossia ai “tassi equivalenti”.

Nei piani d’ammortamento predisposti dalle banche e dagli intermediari, il T.A.N.[3] viene “periodizzato”[4] dividendo il tasso annuo per il numero di rate previste nel corso dell’anno, prassi questa tecnicamente corretta solo nell’ipotesi di piani d’ammortamento in regime di capitalizzazione semplice. Nella quasi totalità delle ipotesi, invero, i piani d’ammortamento adottati sono in regime di capitalizzazione composta, per i quali la periodizzazione del tasso implicherebbe il calcolo del “tasso equivalente” per la nota regola e per la buona tecnica.

Tale bad practice è talmente di uso comune da non essere censurata, bensì comunemente adottata in (quasi) tutti i tool di dominio pubblico predisposti alla formazione del piano d’ammortamento c.d. “francese” (che erroneamente si considera essere sempre in regime di capitalizzazione composta, ancorché sia possibile redigerlo anche in regime semplice). In totale spregio della matematica finanziaria, tale prassi non viene tacciata di corrispondere ad un illecito contrattuale, bensì pone un problema di trasparenza, risolto con il calcolo del c.d. T.A.E.[5]: quest’ultimo tasso altro non dichiara se non il costo effettivo degli interessi a causa della periodizzazione del tasso per i casi di rate infra-annuali. Non tiene infatti conto di nessun altro costo, né di erogazione, né periodico o dovuto alle imposte e tasse come per il caso dell’I.S.C./T.A.E.G., che assolvono si all’obbligo di trasparenza del costo effettivo, ma anche globale, del finanziamento.

Relativamente al leasing finanziario la funzione svolta dal T.A.E., è assolta dal T.I.R.[6] o dal c.d. “tasso leasing” mediante una metodica di calcolo un po' più articolata a causa della presenza del maxi canone iniziale e del riscatto finale: senza scendere nel dettaglio, il calcolo di detto tasso si effettua con il metodo dell’attualizzazione dei flussi finanziari, al pari del T.E.G.[7] e dell’I.S.C./T.A.E.G..

Veniamo ora al commento dei due pronunciamenti su citati, rappresentativi di una tendenza giurisprudenziale maggioritaria.

Entrambe escludono, nel caso del leasing finanziario, l’obbligo di dichiarare l’I.S.C./T.A.E.G. ai fini della trasparenza e conseguente ricalcolo degli interessi a “tassi B.O.T.”, essendo assolti gli obblighi di trasparenza dall’indicazione del solo T.I.R. o tasso leasing in apparente conformità con le previsioni di Banca d’Italia[8]. Per maggiore chiarezza: secondo questa tendenza, qualora siano indicati i vari costi accessori ed i versamenti da eseguirsi (canone iniziale, rata e valore di riscatto), sarà sufficiente, mediante il tasso leasing, rendere noto al cliente il tasso annuo effettivo (che, come detto, risulta differente dal tasso annuo nominale a causa delle rate infra-annuali) senza con ciò esprimere un tasso globale, inclusivo dei vari costi accessori, talvolta rilevanti, gravanti sul contratto, legittimando una disparita di trattamento difficile da condividere.

La normativa sulla trasparenza bancaria trova le proprie origini nella Legge n. 154 del 17 febbraio 1992 (e relativo Decreto del Ministero del Tesoro del 24 aprile 1992[9]), secondo la quale, in conformità con le linee generali dettate dal C.I.C.R.[10], delegano Banca d’Italia a regolamentare la materia, con ciò facendo, lasciando (solo di fatto) un ampio margine di discrezionalità a tale Organo.

Se all’allegato A della Legge n. 154/1992 non si menziona il leasing finanziario, è altrettanto indubbio che quale “soggetto” viene individuato all’art. 1 del D.M. menzionato che recita, al comma 7 ex art.2, quanto agli obblighi di pubblicità, “Tra tali operazioni e servizi (per le quali discendono gli obblighi di pubblicità) Banca d’Italia deve comunque includere il leasing finanziario …omissis”.

Ancora, la deliberazione C.I.C.R. del 4 marzo 2003 intitolata “Disciplina della trasparenza delle condizioni contrattuali delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari” all’art. 3 recita: “Le disposizioni in materia di pubblicità, previste dagli articoli da 4 a 9, si applicano alle operazioni e ai servizi indicati nell’allegato alla presente delibera”.

Orbene, l’art. 9 pone l’obbligo dell’indicazione dell’I.S.C. delegando Banca d’Italia all’individuazione delle operazioni e servizi; l’allegato, tuttavia, elenca espressamente il leasing finanziario tra i contratti “attenzionati”.

Orbene, interpretare letteralmente l’elencazione di Banca d’Italia e non pervenire ad una interpretazione analogica e sistematica, che ricomprenda il leasing finanziario tra gli “altri finanziamenti” per i quali vige l’obbligo di indicazione dell’I.S.C., non può non suscitare qualche dubbio sulla legittimità delle disposizioni dell’Istituto Centrale in veste di Organo regolamentare, per violazione della delega conferitagli dal C.I.C.R. e dal Ministero del Tesoro.

dott. Stefano Chiodi
Analista bancario e finanziario - C.T.P. e C.T.U.

[1] Est. Rossana Zappasodi

[2] Qui assimilati per chiarezza espositiva

[3] T.A.N. = Tasso Annuo Nominale

[4] Periodizzato: reso mensile, trimestrale, quadrimestrale o semestrale

[5] T.A.E. = Tasso Annuo Effettivo (vedesi trasparenza)

[6] T.I.R. = Tasso Interno di Rendimento (vedesi trasparenza)

[7] T.E.G. = Tasso Annuo Globale (vedesi l’usura)

[8] Provvedimento del 29 luglio 2009

[9] G.U. n. 108 del 11/05/1992

[10] C.I.C.R. = Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio

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Articolo originariamente pubblicato da Diritto24: piattaforma ora chiusa.
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