ACCESSO ABUSIVO ALLE GARANZIE STATALI

Prendiamo lo spunto da una dichiarazione del vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora: «Le banche hanno approfittato delle misure di sostegno pubblico soprattutto all’inizio della pandemia, sostituendo vecchie linee di credito erogate con poche garanzie, con nuovi finanziamenti coperti da M.C.C.[1] e SACE.[…] Il solito giochetto che porta a socializzare le perdite e privatizzare i profitti».

Nel periodo tra il settembre 2019 ed il settembre 2020, i finanziamenti bancari alle imprese sostenuti dalle garanzie statali introdotte con i vari decreti approvati per far fronte all’emergenza Covid, registrano un incremento di 60 miliardi (con una variazione positiva del 13%): in questo contesto, di sovente, affianco a nuova finanza concessa, si è assistito alla riqualificazione di parte del credito già erogato, mediante operazioni di sostituzione di finanziamenti e/o consolidi d’impieghi anche di natura diversa (trasformando impieghi a revoca in conto corrente con mutui chirografari contro-garantiti).

Gli istituti di credito non sono nuovi nell’effettuare operazioni di maquillage finanziario alla ricerca di migliori garanzie anche ai danni di altri creditori: basti ricordare i ben noti consolidi (effettuati “in odore” di crisi finanziaria) di esposizioni non garantite riqualificate in mutui ipotecari se non addirittura fondiari (in spregio della par condicio creditorum).

Se in epoca pandemica le agevolazioni sono state numerose, non si pensi che siano stati gli unici finanziamenti utilizzati allo scopo di rafforzare le garanzie delle banche: i mutui chirografari contro-garantiti da denaro pubblico non sono certo realtà inedita. Quel che si è registrato è stato il ricorso spasmodico a tutte le forme di maggior tutela (anche già esistenti) sulla scia dell’invito del Governo a sostenere le imprese.

Allo scopo sarà sufficiente scorrere i “fogli informativi del prodotto” dei numerosissimi mutui chirografari dal sito di un primario istituto di credito, per rendersi conto della mole di finanziamenti con garanzia pubblica.

Quello che fa specie non è solo il fatto che con i consolidi si sia effettuata una riqualificazione del rischio assunto dagli istituti, riversandolo sulla collettività, ma addirittura che questo sia avvenuto nel totale disprezzo delle più elementari regole di valutazione del merito creditizio[2]: tale valutazione deve essere operata dalla banca in via di istruttoria della pratica di erogazione, ma anche nel corso del rapporto. Costituisce attività complessa dove anche le soft skill giocano un ruolo importante ma, volendo semplificare, per i finanziamenti rateali si deve almeno conformare elle evidenze del cash flow restituite dal rendiconto finanziario (divenuto negli ultimi anni parte integrante del bilancio d’esercizio). Allorquando i flussi di liquidità creati dalla gestione non sono sufficienti a coprire anche le esigenze di rimborso di un nuovo finanziamento, questo non potrà essere erogato: sarebbe come concedere un finanziamento con la consapevolezza che questo non sarà rimborsato. L’operazione di riqualificazione delle passività risponde alla medesima logica: un affidamento rotativo in conto corrente inciderà sul cash flow per la sola componente interessi; trasformare tale esposizione in un finanziamento da rimborsarsi nel medio periodo, comporterà un ulteriore esborso per il rimborso della linea capitale.

In molti casi, bilancio alla mano (il medesimo depositato al Registro Imprese e da chiunque consultabile) appare palese che talune operazioni garantite con le quali è stata concessa nuova finanza o sono stati consolidati debiti preesistenti dalle scarse garanzie, non hanno risposto a tale requisito “minimo”.

Alla luce delle prime contestazioni da parte di M.C.C. e SACE di richieste di escussione delle garanzie ad opera delle banche, vien da chiedersi quali potranno essere nel prossimo futuro le conseguenze di tali erogazioni illegittime (se non “truffaldine”) sulle banche, perché no … sui funzionari che le hanno istruite ed autorizzate e, infine, sugli imprenditori, sugli organi sociali e di controllo. Su quest’ultimo punto, peraltro, l’adeguatezza degli assetti organizzativi ex D.Lgs. n. 14/2019 espone pesantemente chi ha fatto ricorso a tali condotte per risolvere le proprie esigenze di liquidità o ha assecondato le pressioni subite dalla banca a “caccia” di nuove garanzie: la business judgment rule non costituirà “schermo efficace” nell’evitare conseguenze patrimoniali e fors’anche penali di fronte a bad practice tanto sfacciate da poter essere provate con un elementare calcolo evincibile dai dati del bilancio civilistico.

In questo contesto si inserisce l’ordinanza del Tribunale di Asti n. 105 dell’8 gennaio 2024 che dichiara nullo un mutuo con garanzia M.C.C. con il quale la banca “consolida” una previgente linea di credito a soggetto insolvente, operazione avente quale unica “causa concreta” l’ottenimento della garanzia stessa “nella consapevolezza che il debitore principale non potrà mai adempiervi ed a fronte di una non immediata esazione del precedente credito”. Per quanto la nullità dell’atto sia conseguenza di rilievo, idonea a riequilibrare le garanzie a favore del ceto creditorio ed a evitare un danno alla finanza pubblica, tale pronunciamento non si è spinto fino a promuovere una verifica sulla liceità di una siffatta condotta, circostanza questa che, verificati i presupposti, in casi similari, si considera in linea di principio, auspicabile.  



[1] M.C.C.: Medio Credito Centrale

[2] Per approfondimenti sulle valutazioni di merito creditizio, vedesi CRISI DI IMPRESA E INDEBITAMENTO AZIENDALE – 2022 - Giuffré